18 febbraio 2009

Il sionismo nemico della pace.

Il dato certamente più rilevante scaturito dalle recenti elezioni politiche israeliane è stato il crollo della sinistra, all’interno della quale il Partito Laburista capeggiato dal ministro della difesa Ehud Barak si è ridotto, con appena 13 seggi, ad essere solo la quarta forza nella Knesset, facendosi scavalcare dal razzista Lieberman e dal suo Yisrael Beiteinu.

La paura e il senso di insicurezza sapientemente instillati nell’opinione pubblica israeliana hanno fatto ritenere erroneamente agli elettori che nel campo palestinese non vi sia nessuno con cui dialogare e raggiungere un accordo di pace, e che l’unico approccio valido alla questione palestinese sia quello basato sulla forza, sui massacri, sulla colonizzazione e sull’apartheid.

E, naturalmente, gli elettori hanno preferito votare massicciamente per la destra, ritenuta in questo senso più affidabile e maggiormente pronta, del resto, a soddisfare le pulsioni razziste e antiarabe che sempre più si fanno largo all’interno della società israeliana.

Ma se non si vuole lasciare Israele in balia della follia delle destre, se si vuole recuperare un credibile processo di pace, è necessario innanzitutto abbandonare quel sionismo oggi monopolizzato dalla destra, che legittima l’occupazione e reputa lecito ogni atto di violenza, per quanto crudele e disumano.

E questo il tema dell’articolo pubblicato il 13 febbraio su Ha’aretz dal noto giornalista Gideon Levy, qui proposto nella traduzione offerta dal sito Arabnews.


IL SIONISMO LEGITTIMA OGNI ATTO DI VIOLENZA?
13.2.2009

La sinistra israeliana è morta nel 2000. Da allora il suo cadavere è rimasto insepolto, fino a quando, alla fine, il suo certificato di morte è stato emesso, firmato, approvato e consegnato martedì scorso. Il carnefice del 2000 è stato il becchino del 2009: il ministro della difesa Ehud Barak. L’uomo che è riuscito a diffondere la menzogna secondo cui non vi sarebbe nessun partner per la pace ha raccolto il frutto delle sue azioni in queste elezioni. Il funerale si è tenuto due giorni fa.

La sinistra israeliana è morta. Negli ultimi nove anni ha assunto invano il nome del fronte della pace. Il Partito Laburista, Meretz e Kadima hanno avuto la pretesa di parlare in suo nome, ma non era che una frode e un inganno. Il Labour e Kadima hanno fatto due guerre ed hanno continuato a costruire gli insediamenti ebraici in Cisgiordania; Meretz ha appoggiato entrambe le guerre. La pace è rimasta orfana. Gli elettori israeliani, che sono stati indotti erroneamente a pensare che non vi sia nessuno con cui dialogare, e che l’unica risposta a questo sia la forza – le guerre, gli omicidi mirati, e gli insediamenti – hanno chiaramente detto la loro in queste elezioni: una messa in liquidazione per il Labour e per Meretz. E’ stata solo la forza di inerzia a dare a questi partiti i pochi voti che hanno ottenuto.

Non vi era ragione perché le cose andassero altrimenti. Dopo lunghi anni in cui quasi nessuna protesta è giunta da parte della sinistra, e la piazza, la stessa piazza che insorse dopo Sabra e Chatila, è rimasta silenziosa, questa assenza di protesta si è riflessa ugualmente dentro le urne. Il Libano, Gaza, i bambini uccisi, le bombe a grappolo, il fosforo bianco e tutte le atrocità dell’occupazione – niente di tutto questo ha portato nelle piazze la sinistra codarda e indifferente. Sebbene le idee della sinistra abbiano fatto breccia nel centro ed a volte perfino nella destra, tutti, dall’ex primo ministro Ariel Sharon al primo ministro attuale Ehud Olmert, hanno usato un linguaggio che una volta era considerato radicale. Tuttavia, la voce era quella della sinistra, mentre le mani erano quelle della destra.

Ai margini di questa mascherata, è esistita un’altra sinistra, la sinistra marginale – determinata e coraggiosa, ma minuscola e non legittimata. Lo scarto fra essa e la sinistra era dato presumibilmente dal sionismo. Hadash, Gush Shalom, ed altri come loro, sono fuori dal gioco. Perché? Perché sono “non sionisti”.

E cos’è il sionismo al giorno d’oggi? Un concetto antiquato e arcaico nato in una realtà diversa, un concetto vago e ingannevole che segna la differenza fra ciò che è permesso e ciò che è condannato. Il sionismo significa la colonizzazione dei territori? L’occupazione? La legittimazione di ogni atto di violenza e ingiustizia? La sinistra balbettava. Ogni affermazione critica del sionismo, perfino del sionismo dell’occupazione, era considerata un tabù che la sinistra non osava infrangere. La destra ha monopolizzato il sionismo, lasciando la sinistra con la sua ipocrisia.

Uno stato ebraico e democratico? La sinistra sionista diceva “si” meccanicamente, mascherando la differenza fra le due cose e non osando dare la priorità a nessuna di esse. La legittimazione di qualsiasi guerra? La sinistra sionista balbettava di nuovo – “si” all’inizio e “no” al proseguimento, o qualcosa del genere. Risolvere il problema dei profughi e del diritto al ritorno? Riconoscere gli errori del 1948? Tabù. Ora questa sinistra è, giustamente, giunta alla fine del suo percorso.

Chiunque voglia una sinistra che abbia un significato deve prima mettere in soffitta il sionismo. Fino a quando non sorgerà dalla base un movimento che ridefinisca coraggiosamente il sionismo, non vi sarà alcuna sinistra forte. Non è possibile essere allo stesso tempo di sinistra e sionista solo in base alla definizione che ne dà la destra. Chi ha deciso che gli insediamenti sono legittimi e in accordo con il sionismo, e che lottare contro di essi non lo sia?

Questo tabù deve essere spazzato via. E’ ammissibile non essere un sionista, secondo la definizione che comunemente ne viene data oggi. E’ ammissibile credere nel diritto degli ebrei ad avere uno stato, e tuttavia opporsi al sionismo impegnato nell’occupazione. E’ ammissibile ritenere che ciò che è accaduto nel 1948 dovrebbe essere messo all’ordine del giorno, chiedere scusa per le ingiustizie ed agire per riabilitare le vittime. E’ ammissibile opporsi fin dal primo giorno ad una guerra non necessaria. E’ ammissibile pensare che gli arabi di Israele meritino gli stessi diritti – a livello culturale, sociale e di popolo – degli ebrei. E’ ammissibile sollevare interrogativi scomodi a proposito dell’immagine delle Forze di Difesa Israeliane come esercito di occupazione, ed è perfino ammissibile voler parlare con Hamas.

Se lo preferite, questo è sionismo, o se lo preferite, questo è anti-sionismo. In ogni caso, è legittimo ed essenziale per coloro che non vogliono vedere Israele cadere vittima della follia della destra ancora per molti anni. Chiunque voglia una sinistra israeliana deve dire “basta” al sionismo, a quel sionismo del quale la destra ha preso il controllo totale.

Gideon Levy è un giornalista israeliano; è membro del comitato di redazione del quotidiano “Haaretz”; è stato portavoce di Shimon Peres dal 1978 al 1982

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4 Commenti:

Alle 19 febbraio 2009 alle ore 09:19 , Anonymous Anonimo ha detto...

mi sembra assolutamente fuori luogo il titolo che lei ha dato all'articolo.
il giornalista parla di ridefinire il sionismo, di smettere di giustificare tutto in nome del sionismo.
e allora il titolo che lei ha messo al suo post che significa?
che nel sionismo è insito l'essere nemico della pace??
se cosi fosse, temo che lei non abbia capito il significato di quel giornalista istraeliano che critica in maniera acuta e intelligente la politica del suo paese. Si parla qui di ridefinire il ruolo dellqa sinistra israeliana e di rivedere molte cose.
Mi piacerebbe sapere se lei considere legittima l'esistenza dello stato di israele.
grazie per avermi dato la possibilità di esprimere il mio parere.
mi scuso in anticipo se i miei toni sono bruschi, ma il tema mi sta molto cuore, come a lei d'altra parte, visto che ne ha fatto un blog.
sara

 
Alle 19 febbraio 2009 alle ore 11:07 , Blogger vichi ha detto...

Gentile Sara, non credo che il titolo del post sia molto dissimile da quello scelto da Levy per il suo articolo ("Il sionismo nemico della pace" e "Il sionismo che legittima ogni atto di violenza" con l'aggiunta del punto interrogativo.

Ciò premesso, nell'articolo - che condivido in pieno - è nel mirino quel concetto di sionismo che è stato monopolizzato dalla destra e a cui i partiti di sinistra sono stati acquiescenti, un sionismo che in nome dell'ebraicità di Israele e della sua "sicurezza" mantiene in Cisgiordania un regime di apartheid, espande le colonie, conduce raid militari brutali e sanguinosi, un sionismo che non riconosce nell'altro un soggetto portatore di eguali diritti ed esigenze.

Io personalmente sono a favore della soluzione cd. a due stati del conflitto israelo-palestinese, e dunque non sono per nulla contrario a che gli ebrei abbiano un proprio stato.

Ma questo laddove questo stato rispetti la legalità internazionale e ottemperi alle svariate risoluzioni Onu che nel tempo si sono inutilmente stratificate in materia.

Non le sfugga però come, in linea di principio, una tesi che invochi un unico stato binazionale, con parità di diritti tra arabi ed ebrei, abbia eguale dignità e legittimità, e non implichi in alcun modo prese di posizione di tipo antisemita.

Lo stato per soli ebrei - come nei fatti si è delineato Israele in questi anni - si sta dimostrando uno stato razzista e colonialista, che discrimina gli arabi al suo interno e li sottomette alla propria forza preponderante all'esterno, con brutalità e disumanità; come è stato autorevolmente fatto notare, è difficle contemperare la ebraicità di Israele con la sua democraticità.

Israele rischia di diventare uno stato paranoico, chiuso in sé stesso e che rinchiude al suo interno gli ebrei come in un ghetto, come ha fatto notare il filosofo e psicanalista israeliano Carlo Strenger sul Guardian.

Per chiudere, vorrei sottolineare come non solo buona parte della sinistra ma gran parte di coloro che vengono iscritti nel "campo della pace" israeliano - vedi il "trio delle meraviglie" Yehoshua-Grossman-Oz o la cantante Noah - abbiano sempre giustificato ogni guerra e ogni massacro, dal Libano a Gaza, e questo dovrebbe far riflettere.

La saluto cordialmente.

 
Alle 24 marzo 2009 alle ore 23:55 , Anonymous Anonimo ha detto...

Ecco dov’è la tragedia dell’atteggiamento ipocrita di molte opinioni che leggo su questo blog: in Medio Oriente è sempre Israele che attacca per primo e sono sempre gli arabi a cercare di difendersi; questa difesa viene chiamata "resistenza all'occupazione". Gli arabi hanno diritto ad ammazzare i civili nella loro "ricerca del paradiso"; ciò viene descritto come "legittima difesa contro l'occupazione".

Se c'è almeno un morto, ogni azione militare israeliana non è solo un "atto criminale", "omicidio", "strage", ma "genocidio". Ogni volta che si parla dei problemi dei palestinesi, si fa sempre riferimento a Auschwitz, all'Olocausto, ai campi di concentramento o almeno all'apartheid. Tutti quelli che si discostano da queste idee sono razzisti, fascisti, mercenari complici del colonialismo.

La verità è che i palestinesi continuano ad avere nelle loro mani il loro destino molto più di quanto non amino ammettere i loro sostenitori. Se i palestinesi vogliono davvero uno stato e la pace con Israele, quello che devono fare è darsi una cultura politica votata all’edificazione della nazione, e non al martirio.

Israele fronteggia dei problemi che il resto del mondo non si sogna nemmeno

 
Alle 25 marzo 2009 alle ore 10:40 , Blogger vichi ha detto...

Gentile Andrea, mi consenta di dire che il fatto che lei affermi che molte delle opinioni espresse in questo blog siano "ipocrite" assomiglia molto alla famosa barzelletta del bue che da del cornuto all'asino.

Perchè il massimo dell'ipocrisia è fare delle affermazioni - come lei fa - prescindendo del tutto dal contesto attuale della situazione nel vicino oriente.

Perchè come si fa ad affermare che i Palestinesi hanno il destino nelle proprie mani e che dovrebbero "darsi una cultura politica votata all'edificazione della nazione" senza considerare il fatto che, dall'altra parte, vi è un governo che dichiaratamente si oppone alla soluzione a due stati e alla nascita di uno Stato palestinese indipendente?

Come dimenticare i proclami razzisti e antiarabi di un Lieberman o il progetto di Netanyahu di posporre a data indefinita ogni accordo politico di pace, preferendo fermarsi ad un piano di collaborazione soltanto economico?

E su quale territorio dovrebbe insistere la futura nazione palestinese, sull'insieme di bantustan frammentato da colonie, checkpoint e bypass road che è divenuta la West Bank, priva di risorse e di continuità territoriale?

Per il resto, proprio in questi giorni, il rapporto di Richard Falk sull'operazione "Piombo Fuso" ha esattamente chiarito come sia stato Israele a rompere la tregua e a porre le condizioni per l'inizio delle ostilità, trascurando del tutto le opportunità diplomatiche di accordo con Hamas che erano presenti e ben delineate.

Per il resto, se non ha dato una scorsa ai giornali israeliani, proprio in questi giorni hanno le pagine piene di notizie e rivelazioni sui crimini di guerra commessi dai soldati di Tsahal, le uccisioni illegali di donne e bambini, le magliette con scritte razziste e ripugnanti, le uccisioni deliberate di personale medico, i bambini palestinesi usati come scudi umani.

Perchè si paragona sempre più il massacro di Gaza alle stragi naziste? Semplice, perchè l'esercito israeliano si è trasformato in un'accolita di assassini, vili e spietati, indegni di essere chiamati soldati.

 

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